L’origine di Bardineto affonda nel crepuscolo della Preistoria; i numerosi strumenti di pietra ritrovati hanno dimostrato che anche nelle caverne delle nostre montagne abitarono raggruppamenti umani in tempi paleoliti e che le grotte circostanti furono dimora per l’uomo di Neanderthal. I progenitori dei bardinetesi sono stati gli Epanteri, guerrieri forti ed audaci che si dedicarono sopratutto alla caccia ed alla pastorizia. Furbi ed astuti, combatterono prima contro i Cartaginesi, che sconfissero, e poi contro i Romani. Le sorti del conflitto furono favorevoli a questi ultimi, ma gli Epanteri non accettarono mai alcuna condizione ed anche sotto l’Imperatore Augusto rimasero indomiti ed indipendenti.In seguito, dalla Gallia arrivarono i Bardi e verso il 500 giunsero i monaci Benedettini che insegnarono agli abitanti l’amore per la terra e la coltivazione dei campi. E’ questo il profondo significato dello Stemma Comunale : le due Torri dell’antico Castello con il motto IN CAMPIS VITA.Nonostante le distruzioni che arrecheranno al paese le incursioni dei Longobardi e dei Saraceni, infatti, fu, proprio grazie all’agricoltura, che gli abitanti del luogo riuscirono sempre a trovare i mezzi per continuarel’esistenza. Al lavoro dei poderi si aggiunge, nel corso degli anni, l’attività del taglio dei boschi; il legname ottenuto veniva utilizzato per diversi scopi. Col legno dei noccioli, dei castagni, delle querce, nella cui arte i Bardinetesi sono sempre stati maestri. I tronchi di grandi dimensioni erano venduti come legname da costruzione. Venivano coltivati il grano mescolato con segale, le patate tra le più gustose,i fagioli, le rape. i buoni pascoli di cui è ricco il paesaggio nutrivano il pregiato bestiame. Il territorio, inoltre, era abbondante di solfato di bario e di filoni di galena.E senza dubbio tutti coloro che abitarono queste contrade furono sfamati dalla regina e dal re dei boschi di bardineto: la Castagna ed il Fungo Porcino. La prima, detta “pane dei poveri”, si adatta a svariatissime utilizzazioni, il secondo è un vero tesoro di eccellente qualità, tra le migliori in Europa.Dopo l’occupazione di Rotari e dei suoi Longobardi, che furono all’origine del nome del paese ed avviarono altresì gli abitanti alla conoscenza del commercio, dei trasporti e dell’artigianato, nel 775 Bardineto fu soggiogata da Carlo Magno e donata ai monaci di San Pietro in Varatella. I Frati iniziarono un regime di sviluppo economico, introducendo la lavorazione del ferro, importato grezzo dall’isola d’Elba, nelle numerose Ferriere site lungo la Bormida (ancora oggi ne esiste una in attività), e governarono con saggezza per più di seicento anni. Ma quando, verso la metà del 1500, aumentarono esageratamente le imposte e le tasse, e requisirono tutte le bestie del paese, il carattere fiero della gente del luogo scaturì in tutta la sua potenza. I Bardinetesi assalirono il convento, liberarono il bestiame ed aggredirono i Frati. Fu la Scomunica generale per Bardineto. Dopo circa cento anni, l’anatema sarà sciolto e ritorneranno i monaci.Nel 1142, dalla divisione degli otto figli del Marchese Bonifacio I del Vasto, Bardineto era toccata a Enrico il Guercio, Marchese di Savona e progenitore dei Del Carretto, contemporaneo di Federico Barbarossa e suo seguace nelle Crociate. Lo stesso Barbarossa si accampò a lungo nelle nostre valli con il suo imponente esercito. Alla morte di Enrico il Guercio (1185), il possesso di Bardineto e dell’Alta Val Bormida finì nelle mani del figlio Enrico II che, assunto il titolo di Del Carretto, diede vita ad uno Stato capace di durare per quattro secoli, attraversando tutto il Medioevo. All’inizio de XVII secolo, Bardineto passò sotto la dominazione spagnola fino al 1713, quando divenne parte della Repubblica di Genova, per poi essere assegnata, nel 1735 a Carlo Emanuele III di Savoia.Il 22 ed il 23 novembre del 1795 si svolse nella piana di Bardineto il sanguinoso scontro, prologo della Battaglia di Loano, tra l’esercito Austro-Sardo al comando del Generale D’Argenteau e quello Francese del Generale Massena. Gli Austriaci, disfatti, lasciarono sul campo 4000 morti e 5000 prigionieri, mentre la vittoria consegnò ai Francesi tutti i depositi di armi e di viveri che l’Austria aveva a Finale, Loano e Savona, e aprì le porte alla Penisola, permettendo loro di riallacciare le comunicazioni con tutto il litorale genovese.Nel 1814, infine Bardineto venne definitivamente aggregata agli Stati Sardi dei Savoia.Oggi tante cose sono cambiate; Bardineto non è più soggetto ad alcun dominio, è un paese libero, molte famiglie si sono trasferite in città per mancanza di lavoro, i mestieri sono cambiati. Ormai pochissimi sanno costruire una carbonaia o vivere solamente del lavoro dei campi; la ricerca dei funghi è diventata un vero e proprio commercio, mentre la raccolta delle castagne è stata abbandonata. Ma bastano un po’ di volontà e di riflessione per ritrovare la storia nella quotidianità; nonostante siano passati millenni, Bardineto è uno di quei posti che mantiene viva dentro di sé la fisionomia del suo passato: nel Castello a 16 lati, nei Carruggi, nelle case, nei portici, nelle strade; soprattutto però, nella sua gente fiera, orgogliosa, e degna discendente di quel popolo saldo e tenace, che furono gli Epanteri.
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