Sabato 26 e domenica 27 luglio - ore 21.30 – piazza Sant’Agostino
LA BISBETICA DOMATA
di William Shakespeare / traduzione e adattamento di Francesco Niccolini, con Amanda Sandrelli e Pietro Bontempo, regia di Roberto Aldorasi, e con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Adriano Giraldi, Riccardo Naldini, Lucia Socci. Scene e costumi di Francesco Esposito, luci di Samuele Battistoni, musiche a cura di Elena Nico. Produzione La Contrada Teatro Stabile di Trieste.
Caterina della Bisbetica domata è un personaggio ambiguo e questo lo rende affascinante: è antipatica, intransigente, pure sboccata e integralista, qualcuno dice pazza. Ma libera. Adolescenziale e romantica, altro che bisbetica: sogna un mondo in cui ci si sposa per amore. Ma nella Padova della Bisbetica tutti i protagonisti sono ambigui e macchiati da colpe. In una società profondamente maschilista come poteva essere quella inglese di fine Cinquecento, una Caterina addomesticata era un bel personaggio comico, la Bisbetica una edificante commedia a lieto fine: la commedia della “selvaggia addomesticata”. Solo che oggi tutto questo non è edificante e non è a lieto fine. Caterina vorrebbe riscrivere le regole, dire di no a madre e sposo canaglia. L’umiliazione è totale, la violenza che subisce disgustosa e pianificata fin dalla prima battuta di Petruccio: lui punta solo a dominare la bella e ricca Caterina e sa come fare a piegarla, con le buone o con le cattive. Da un lato della scena si ride, ci si traveste, ci si manda baci e dichiarazioni d’amore, dall’altro si esercita la violenza a livelli da incubo. Ma il peggio accade quando la porta si chiude e noi non vediamo né sentiamo più. Là dietro non arriva nessun principe azzurro che ti salva. Caterina piega la testa, ridotta peggio di un cagnolino: di Caterina, quella ragazza tutto pepe e rivolta, che sognava di innamorarsi, non c’è più traccia. Obbligata all’umiliazione totale, tutti le voltano le spalle: cosa la attende tra le mura di casa è un problema tutto suo. Noi qui, dall’altro lato della scena, possiamo soltanto fingere di essere felici.